Ugo Foscolo



ANACREONTICHE





Ognuno è reo,

Se delitto è l'amor.

METASTASIO.



I. L'INCHIESTA

  Il Fratellin vezzoso,
Sempre tu piangi, ei dice;
Tenera età felice
Che non conosco amor!
 Ma ben verran quegli anni,
Che il Fratellin vezzoso
Non troverà riposo
Nel passionato cor.
 Quel roseo volto, i guardi
Sì vivi e sì innocenti
Li mirerò dolenti
In atto di pietà.
 Allor dirò: i miei pianti,
Quand'eri pargoletto,
Eran d'amore effetto,
Effetto di beltà.
 


II. IL RITRATTO

 Scrivo che tu sei bella,
Scrivo che tutto è accolto
Sul grazïoso volto
De' vezzi il roseo stuol.
 Scrivo che i tuoi dolci occhi
Vibran soave foco,
Scrivo.... Ma questo è poco
Per sì gentil beltà.
 Chi mai potria le grazie
Spiegar di quei colori,
Ove si stan gli Amori
Come sul loro altar?
 Dir altro io mai non seppi
So non che tanto sei
Vezzosa agli occhi miei
Ch'altra non sanno amar.
 


III. IL DESIDERIO

 Io non invidio ai vati
Le lodi e i sacri allori,
Nè curo i pregi e gli ori
D'un duce o d'un sovran.
 Saran miei dì beati
Se avrò il mio crine cinto
Di serto vario-pinto
Tessuto di tua man.
 Saran miei dì beati
Se in mezzo a bosco ombroso
Il volto tuo vezzoso
Godrommi a contemplar.
 Che bel vederci allora
Mille cambiar sembianti,
E direi: O cori amanti,
Cessate il palpitar!
 


IV. LA FEBBRE

 Febbre le vene accende,
O Cloe, del tuo poeta,
E tu frattanto lieta
Passi cantando i dì.
 Serbi così l'affetto
Che tu giurasti a lui,
I fidi merti sui
Compensi, o Cloe, così?
 Misero giovanetto,
Che ad un'ingrata credi,
Cessa d'amar; non vedi
Ch'ella t'inganna ognor?
 Cruda!... Ma dir vorresti:
Nol seppi, il giuro ai Dei:
Taci, spergiura sei,
Chè te lo disse Amor.
 


V. IL SERTO

 Cogliete, o pastorelli,
Cogliete vaghi fiori,
Chè deggio per gli albori
A Fille un serto far.
 Farlo vorrei sol io,
Ma nol permetto l'ora,
Chè in Cielo già l'Aurora
Comincia rosseggiar.
 E le dirò che il serto
Tessuto è di mia mano.
Ma che? così profano
Il labbro mio sarà?
 Mai menzogner non fui,
E s'anche il fossi, ah! Fille
Fra mille fiori e mille
i miei distinguerà.
 


VI. IL POMO

 Pomo ch'io colsi, e Cloe,
Da un arbuscel gentile,
Che a quei dei verde aprile
Non può invidiare i fior,
 Pomo ch'effigia e mostra
Del volto tuo la rosa,
Ti dona, o Cloe vezzosa,
Con la mia mano il cor.
 Mel chiese or or con Clori
La bruna Nice e Irene;
Ma il pomo sol conviene,
Mia bionda amica, a te.
 Così fra Tirai e Dafni
Da te ottenessi io fede....
Ma tu ti sdegni; ahi chiede
Un cuor quel che ti diè.
 

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